Magazzino sul Po

Attivo

Murazzi del Po Gipo Farassino, 18/20, 10124 Torino, TO, Italia

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>>> Intervista con Simone Cerrotta, co-direttore artistico di Magazzino sul Po e Alessadro Gambo, ex-direttore artistico di Magazzino sul Po, promoter e dj storico della scena Torinese <<<

Magazzino sul Po è da anni uno dei bastioni creativi di Torino, insediato in quella che rimane una delle aree più uniche e identificative di Torino: i Murazzi

CF: Ciao Simone, partiamo dall'inizio, come sei finito a lavorare con Magazzino sul Po?

SC: E’ cominciato tutto con un dessert nel 2010. Ero in un cocktail bar e stavo festeggiando il mio compleanno. Casualmente seduto dietro di me c’era Angelo, un socio del circolo che conoscevo per sentito dire e che ai tempi si occupava di una piccola parte della programmazione del Magazzino legata al jazz e ai concerti. Long story short: gli offro il tiramisù che mia madre mi aveva preparato, ci presentiamo e dopo qualche settimana mi chiama perché doveva riempire una serata al Magazzino sul Po. Long story ancora più short: dopo la seconda festa che organizziamo diventiamo i dj resident e oggi dopo quasi 8 anni quella festa esiste ancora, insieme a tanti altri progetti che abbiamo sviluppato. Oggi parallelamente a questo organizzo e seguo tutta la programmazione della parte più notturna del circolo lavorando a quattro mani insieme all’altro direttore artistico che sceglie i contenuti quali live, rassegne e spettacoli teatrali. Il circolo è un ibrido tra una grotta di sperimentazione musicale e un dopolavoro della città di Torino, un posto dove l’esperto di musica incontra il barista che ha appena finito il turno. L’atmosfera è come nel Bar sotto il Mare di Stefano Benni: scese le scale lungo il Po ti ritrovi in questa atmosfera casalinga ma surreale, piena di persone diverse, ognuna con una storia da raccontare. Non importa da quale estrazione sociale o paese arrivi, se diventi un socio del circolo entri in famiglia.

CF: Alessandro, come nasce invece il tuo rapporto con i club e la musica?

AG: Nasce per puro caso: i dischi italiani dei miei genitori, una sorella più grande che va a ballare e ascolta la radio incessantemente, i cartoni animati giapponesi con sigle spaziali (sono nato nel 1980 e ai tempi potevamo godere della sigla dei Gattiger o quella di Paul e Nina o ancora quella dei Cyborg, travolgenti). I fratelli più grandi dei miei amici mi hanno fatto ascoltare i Sangue Misto, MTV mandava ininterrottamente The Box degli Orbital o Extra di Ken Ishii all’ora di pranzo. Il primo rave… boom. I club sono stati una conseguenza alla mia voglia di contribuire alla “dance scene”, arrivavo da situazioni alternative e mi promisi di entrare nei club solo per suonarci, trovavo ingiuste le restrizioni che venivano imposte nei locali. The Plug ha segnato un cambiamento: non un club esclusivo, prezzi modici, djs e crew consapevole. Il club ha iniziato a piacermi, per fortuna a Torino ci sono state situazioni come il Doctor Sax (che poi ho gestito dal 2005 al 2013), Savana Potente e Vanity… Ci siamo divertiti! :)

CF: Magazzino al momento riesce a includere tante realtà dal pop, a musica più sperimentale, come si tiene insieme una programmazione così varia? Qual’è il ruolo e l’importanza del direttore artistico in un club?

SC: Magazzino è uno spazio estremamente fluido, da sempre si è volutamente deciso di diversificare la proposta musicale e i contenuti. Questo è stato possibile negli anni grazie al bagaglio culturale e alla sperimentazione dei direttori artistici e dei dj che non si sono mai fermati ad un genere o al trend musicale del momento, ma che invece hanno saputo spaziare, scommettere e anche istruire il pubblico. Il direttore artistico deve prendere le misure dello spazio in cui opera, scegliere la trama artistica più indicata e cucire insieme le due cose. Non esistono delle regole precise ma credo che il suo lavoro finisca nel momento in si smette di parlare di quello che organizza o di quello che succede nel posto in cui lavora.

Magazzino sul Po Club Torino-007_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro

CF: Simone, ti ho sempre visto molto attivo nella scena musicale a Torino, tra diversi progetti, generi musicali, approcci. Quali sono gli spazi a Torino che sono stati più importanti per la tua formazione?

SC: Suppongo di appartenere a una generazione intermedia: ho cominciato a frequentare seriamente i club nel 2007 quando avevo 18 anni. Dopo una brevissima tappa per discoteche universitari, ho avuto la fortuna di inciampare in alcuni degli spazi di culto nei loro ultimi anni di vita. Durante il primo anno di università un martedì qualsiasi vengo trascinato lungo il Po e scopro che c’era un locale aperto: Giancarlo. Ai tempi mi insegnarono che la regola base era arrivare dopo le 2 e che se a metà serata riuscivi ancora a sillabare il tuo nome avevi buone possibilità di rimorchiare. In quello stesso locale poco tempo dopo ho messo per la prima volta i dischi. Lungo la stessa sponda del fiume circa 50 metri dopo al CSA Murazzi ho suonato da solo una notte intera per la prima volta e ancora 50 metri dopo al PUDDHU ho organizzato la mia prima club night, Mobbing.

CF: Quindi qual'è l'importanza di avere questi spazi per un ragazzo di 18 anni che vuole iniziare a lavorare nel settore musicale e creativo?

SC: Partiamo dal fatto che poter frequentare 40 spazi diversi ti darebbe maggiori possibilità di scoperta e confronto rispetto a poterne frequentare 10, che è la triste proporzione a cui siamo arrivati oggi. Gli spazi di aggregazione sono la base dello sviluppo della cultura. Se decidi di intraprendere questa carriera l’esperienza e il background li raccogli sul campo, tra la gente, frequentando posti diversi, guardando e ascoltando finché non credi di aver trovato qualcosa che ti illumina e allora cominci a studiare e a farlo tuo.

CF: Certo, Alessandro anche tu negli anni ti sei cimentato come direttore artistico di vari spazi/eventi/progetti senza mai fermarti, cos’è che ti ha permesso di far nascere così tante realtà anche molto diverse fra loro?

AG: Ho iniziato ad organizzare spazi/eventi/progetti perché quello che gli altri proponevano non mi piaceva e non mi rappresentava e, visti gli ottimi risultati, a quanto pare era un’esigenza comune. Il mio motto, per quanto retorico, è “support your local underground scene” e daJjazz is Dead a Varvara così come dal Magazzino sul Po (che ho gestito dal 2009 a fine 2018) al Doctor Sax alle feste illegali, il clima che respiri alle mie/nostre feste è sempre lo stesso: accessibilità, inclusione, idee innovative e “libertà”. Ho un rapporto quasi ossessivo con la musica e mi appassiono di tutto ciò che è bello e che trasmette un messaggio, quindi un giorno posso organizzare il concerto dei Phurpa (trio russo che recita mantra tibetani per ore e ore) al dj set balearico di Leo Mas o ancora dal live di Thurston Moore dei Sonic Youth a un concerto manouche.

"Il direttore artistico deve prendere le misure dello spazio in cui opera, scegliere la trama artistica più indicata e cucire insieme le due cose. Non esistono delle regole precise"
Magazzino sul Po Club Torino-005_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro
Magazzino sul Po Club Torino-006_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro

CF: E parlando di spazi, quali sono per te le caratteristiche che un club dovrebbe avere per portare impatto positivo sulle comunità e sulla città?

AG: Dimenticarsi il business come priorità ed essere originale e innovativo. Deve essere rispettoso verso la “concorrenza”. Deve essere gestito da persone con la passione e competenti e non da meri "localari" che guardano solo il profitto senza curarsi della “bellezza”.

CF: Già sembra che Torino si stia un po' dimenticando la sua espressione culturale dal basso, cosa ci stiamo perdendo?

AG: A parte qualche realtà oggi gli eventi più grossi vengono organizzati da holding composte da grandi sponsor e fondazioni bancarie, nel momento in cui ciò che stava fuori entra dentro il “sistema” tutto è perduto. Come prima cosa la già citata “libertà”. Ma questo non è poi un male, noi nel sottobosco stiamo bene e le cose succedono ancora, è importante che il pubblico riesca a cogliere le differenze tra l’andare a ballare in una location sorvegliata a vista e un club o uno spazio occupato che sfida le regole per salvaguardare prima di tutto l’identità delle persone e il divertimento.

Magazzino sul Po Club Torino-001_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro

CF: Un ottimo spunto di riflessione! Simo ci sono altre realtà che sono fonte di ispirazione in giro per l’Italia o l’Europa?

SC: Quest’anno ho portato in giro per l’Italia uno dei miei progetti This is Indie, e ho avuto modo di confrontarmi con un buon numero di locali e club. Senza menzionare i nomi nello specifico, direi che quelli più orientati al futuro sono gli spazi polivalenti, che possono assolvere molteplici funzioni, attivi anche di giorno, che si aprono a più strati sociali ma soprattutto che nascono integrandosi all’area dove vengono concepiti.

"nel momento in cui ciò che stava fuori entra dentro il “sistema” tutto è perduto. Come prima cosa la già citata “libertà”."

CF: Alessandro, se dovessi immaginarti i club del futuro, una visione anche utopica partendo dal meglio che ci offre la contemporaneità.

AG: Oggi i club sono martellati da controlli e regole inutili e rigidissime da rispettare. Controlli, telecamere, registrazioni… non è la nostra storia, noi discendiamo dai gay club, dalle TAZ, da luoghi segreti. Non vogliamo altri problemi vogliamo solo ballare in pace. Salvini ha appena firmato un accordo con i localari per un “club sicuro”, tutte cazzate! Io non ho mai visto succedere nulla, non si è mai fatto male nessuno (se chi organizza è competente). Il futuro è il Cacao occupato per un giorno, 3000 persone se non di più insieme, senza una rissa, senza un problema o un diverbio. Noi dentro, tutti insieme, fuori la città che impazzisce perché non sa come contenere un movimento spontaneo come il nostro.

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