Bunker

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>>> Intervista con Manuela Cristaldi, fondatrice del Bunker <<<

Il bunker nasce nel 2012 come progetto temporaneo per valorizzare un'area ex industriale in disuso. In questi anni ha condiviso con la città una grande quantità di energie, sotto forma di musica, sport, arte, artigianato, diventando uno dei poli creativi più importanti di Torino. Parliamo con Manuela Cristaldi, una delle fondatrici e tuttora tra le persone responsabili del progetto Bunker.

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CF: L’esperienza Bunker nasce nel 2012, come siete arrivati fin qui?

MC: Tutto è capitato un po' per caso, dopo l'esperienza di rigenerazione urbana della Fabbrichetta di Via Foggia 28 operata dall'associazione Urbe, la proprietà Torino Quittengo ci ha invitato a sperimentare la stessa formula: una riconversione dello spazio in forma temporanea. Quest'area era legata a una trasformazione urbana importante ovvero quella dell'ex scalo Vanchiglia, a noi limitrofa. L'invito della proprietà era quella di accendere l'attenzione sull’area, introducendo quelle funzioni più legate al sociale e al terziario che normalmente arrivano dopo nei piani di trasformazione urbana. Si sposavano con le nostre mission: cultura, arte visiva, arte urbana, l'orticultura urbana e lo sport. Barriera di Milano a quei tempi non era esattamente come oggi, mancavano gli studi creativi, le gallerie d' arte e gli altri locali, in un certo senso siamo stati un po' i pionieri.

CF: Certo questa parte della città è cambiata abbastanza in fretta. Com’è stato il vostro primo approccio con gli spazi del Bunker?

MC: Parliamo di spazi molto ampi, circa 9000 metri quadrati, di cui ora quelli adibiti alla produzione culturale (ovvero il Bunker, la Scuola di Circo, e la galleria d' arte) occupano un' area di 1700 circa metri quadri, mentre quelli adibiti alla promozione sociale e sportiva un' area molto più vasta di circa 5000/6000.
Al tempo Bruno, il proprietario, aveva già iniziato ad attivare sempre più attività di artigianato e noi l’abbiamo affiancato sul lato un po’ più artistico e culturale. Questa era una zona produttiva, i capannoni si stavano liberando, quindi abbiamo pensato di rivisitare lo spirito iniziale dello spazio in chiave artistica, mettendolo a disposizione di artisti, operatori culturali e dell'intera cittadinanza.

Bunker Club Torino-003_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro
© Antonio La Grotta

CF: Quindi qual'è stato il processo per mettere insieme tutte queste esperienze molto diverse?

MC: Il gruppo originale era costituito da urbanisti architetti, ragazzi che avevano fatto studi legati anche alla sociologia urbana, eravamo un gruppo abbastanza misto ed è stata la morfologia degli spazi ad ispirarci: ad esempio c'era quest’area enorme inizialmente usata per gli orti dell'ex Enel che era ovviamente dismessa, e ci è sembrato bello pensare di potergli dare nuova vita creando un orto urbano.
Il club è nato in un secondo momento, dettato dalle necessità di auto-finanziamento, visto che quella delle serate e della musica risultava poi l’attività che più poteva supportare le altre.
Il wakeboard invece è partito dalla visione un po’ folle dei membri appassionati di sport urbani, e così Torino è diventata la prima città in Italia ad avere un lago per il wakeboard vicino al centro.
Inoltre il Bunker conserva tutt'oggi opere di più di 50 tra gli street artist italiani più famosi nel panorama internazionale.

"i capannoni si stavano liberando, quindi abbiamo pensato di rivisitare lo spirito iniziale dello spazio in chiave artistica, mettendolo a disposizione di artisti, operatori culturali e dell'intera cittadinanza"

Bunker Club Torino-021_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro
© Antonio La Grotta

CF: Molti dei progetti che si sono sviluppati al Bunker hanno coinvolto espressioni artistiche non mainsteam, se pensi a We Play The Music We Love, Bounce Fm fino ad altre più sperimentali come Amphibia: come nascono queste collaborazioni?

MC: Fin dagli esordi il Bunker si è posto con le realtà cittadine più come un interlocutore attivo, facendo quasi più da partner dei progetti, che da contenitore passivo: ci siamo scelti a “vicenda” e abbiamo capito insieme come crescere e quali potevano essere i nuovi pubblici a cui fare riferimento. Un’esperienza di produzione e crescita culturale collettiva, contribuendo sempre un po' al rischio economico di tutte le attività che abbiamo ospitato.

CF: Come si è trovato a reagire il pubblico a questi nuovi input e sperimentazioni?

MC: Ogni tanto ci siamo resi conto di aver contribuito a introdurre ed educare il pubblico a nuove sonorità, ma non sempre tutto funziona bene: ad esempio nel 2013 abbiamo iniziato un progetto che si chiamava Bunker Sonidero curato da Simone Bertuzzi (aka Palm Wine) con sonorità vicine alla cumbia, ma probabilmente era troppo presto e non è mai decollato, se lo rifacessimo ora sarebbe diverso, i trend cambiano e tutti ballano la cumbia!
Poi ci sono invece progetti come Bounce FM di Radio Banda Larga che negli anni si consolidano e diventano realtà di riferimento a Torino.

"il Bunker si è posto con le realtà cittadine più come un interlocutore attivo, facendo quasi più da partner dei progetti, che da contenitore passivo"

Bunker Club Torino-008_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro
© Antonio La Grotta

CF: La funzione di incubatore espressivo esercitata da spazi culturali come il Bunker tende ad essere generalmente poco apprezzata, insieme al ruolo che hanno nella rigenerazione urbana e sociale. Anche se sempre più persone ne parlano, sembra che la riqualificazione sia un modello standardizzato in cui processi non convenzionali meno profit-oriented, non possono trovare spazio e supporto. Qual è stato il vostro rapporto con il resto della città?

MC: L’impressione da sempre è che si faccia difficoltà a inquadrare questo progetto nelle sue linee guida principali. Si pecca proprio di immaginario, quello che stiamo facendo è un modello innovativo che dovrebbe esserci in qualunque città: quello di un privato che insieme ad altre associazioni e realtà costruisce un distretto culturale e aggregativo, facendolo dal basso. Siamo andati a colmare dei vuoti urbani in un’area dove al massimo ci sarebbero stati capannoni industriali con a fianco uno scalo ferroviario in attesa dell’ennesimo supermercato.
Il progetto nasce come temporaneo, perché prima o poi le aree verranno rifunzionalizzate, ma questa è una transizione che può durare anche diversi anni e che non ha mai trovato applicazione normativa nel riconoscere il temporary use come appunto una forma legittima di utilizzo dello spazio.
Essere un ibrido che in questo momento non è legittimato nel panorama italiano mette un po' in crisi il sistema e gli interlocutori con cui dovresti dialogare.

Bunker Club Torino-019_by Antonio la Grotta 2019 for Club Futuro
© Antonio La Grotta

CF: Se potessi pensare ad un percorso di capacity building, quali sono le skills che potrebbero essere sviluppate all’interno dell’esperienza Bunker?

MC: Siamo in pochi e pensiamo a talmente tante cose per affrontare tutte le emergenze quotidiane che non abbiamo tempo per tutto il resto. È un problema del settore culturale: come fai ad avere le energie per fare progettazione long-term se sei sempre costretto a risolvere le emergenze del presente?
Le energie finiscono e spesso viene da chiedersi: ma per il resto della città io sono una risorsa o sono un problema?
Quello che manca al Bunker sono tempo e collaborazione. E una città come Torino che prova a rilanciarsi come città universitaria dovrebbe chiedersi: come posso attirare talenti e giovani se non valorizzo i miei centri di espressione culturale?

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