La Cultura della Notte guarda al futuro dei Club

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Pubblichiamo qui un abstract dell’articolo originale “La Night Time Economy: economia e cultura della notte” uscito su CheFare l’11 Dicembre 2018.

Sono passati diversi decenni da quando profondi cambiamenti economici hanno spinto molte città a passare dai ritmi di vita scanditi dai processi di produzione industriale, a un modello più fluido di 24-hour cities – di città che non dormono mai; in questo processo, l’allungamento del ritmo circadiano urbano ha aiutato spesso ad attuare la tanto necessaria rigenerazione di intere aree urbane precedentemente occupate dalle fabbriche: è successo in tutto il mondo, da Torino, Manchester, Berlino, Londra, Rotterdam fino a Sidney, Detroit e New York.

La Night Time Economy ha cominciato a prendere forma attraverso l’apertura di bar, pub, club, sale concerti, ristoranti, cinema e teatri: tutte componenti che convivono in un ecosistema complesso che ha una ricaduta enorme su turismo, occupazione e incide sulle dinamiche di city branding.

Chi vive la notte è tipicamente giovane, creativo e formato – qualcuno che vorresti nella tua città. Se un luogo come Berlino è prosperato negli anni, non è per gli affitti bassi. È stato per il suo nightlife capital

Parallelamente all’ottimismo legato ai trend di crescita, si è diffuso però negli anni l’assioma che la nightlife si porti appresso una serie di side effect (effetti negativi) di carattere sociale, generalmente riconducibili a manifestazioni di criminalità, assunzione di sostanze illecite, eccessivo consumo di alcolici e difficile gestione della sicurezza.

Fortunatamente negli ultimi dieci anni da queste tensioni è maturato il bisogno di aprire un confronto strutturato e inclusivo tra i diversi interlocutori coinvolti nella notte: sono nate così in molti paesi le prime realtà specializzate nel gestire le dinamiche della Night Time Economy.

Organizzazioni che provano di fatto a fare lobby in maniera consapevole e inclusiva, cercando di incidere sulla regolamentazione e la percezione dell’offerta notturna, per creare un’ecosistema virtuoso che dia spazio a tutti.

Ed è questa la sfida più grande: creare un terreno fertile, tenendo presente delle spinte ed espressioni dal basso, o grassroots, senza illudersi che logiche di mercato e provvedimenti top-down bastino per creare un’offerta culturale notturna diversificata e vitale.

Guardando invece all’Italia, trovo davvero strano che si faccia fatica ad associare la parola “cultura” al contesto della notte; si continuano infatti a definire club e locali notturni come “spazi di intrattenimento”, e ogni volta che sento il termine “movida” riferito alla nightlife mi viene sempre in mente un grande luna park notturno.

D’altronde Club Futuro nasce proprio da qui, se non si aggiornano i linguaggi, se non si hanno gli strumenti necessari a prevenire e affrontare le criticità, e riconoscere il valore culturale della notte, si rischia che questo patrimonio si inaridisca e si finisca per avere tanti sfavillanti luna park notturni.